Gaetano OLTOLINA - Pittore
1913-1983
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Mostra Critica

Monza , 1965

Mostra Personale - Arengario

dal Cittadino del 13 maggio 1965

A parlare di Oltolina e di questa sua personale, che ce lo ripresenta, in questi giorni, all'Arengario, dirò che la sua tematica è quella di sempre e che essa si svolge, essenzialmente, dentro l'area brianzola, sia che ci venga proposto un paesaggio, sia che ci vengano innanzi, ripercorsi dall'esterno e dall'intimo, i ritmi dell'umano operare.
E subito sarà da aggiungere che questa sua fedeltà ad una tale tematica ha dato dei frutti nuovi, almeno per ciò che riguarda la poesia delle opere, dove è osservabile una una drammaticità più viva e al tempo stesso più pacata e pittoricamente risolta.
Certo che un Oltolina paesista m'interessa meno d'un Oltolina interprete delle opere umane.
Nei dipinti di questo artista ci sta sempre bene un personaggio, assai meglio che un ritmo collinare o una veduta campestre.
Con ciò non intendo mettere da parte e definitivamente i suoi paesaggi: ve ne sono alcuni assai belli, quali: i Campi arati o il Sentiero fra i campi arati, dove i colori s'intonano sinfonicamente e i ritmi collinari vi partecipano una loro suadente melodia.
Ma che sia da cercare qui il miglior Oltolina, lo escluderei senz'altro.
E' un fatto che il nostro artista trova a sé più conforme il colloquio con la persona, che gli si rivela più facilmente il mistero dell'uomo più che della natura.
Oltolina, non è un pittore puro, nel senso che si affidi in tutto e per tutto all'avventura dei colori senza preoccuparsi del soggetto.
Se mi si passi la parola, è un contenutista: ha bisogno di sentire una certa emozione o di essere trafitto dallo strale della simpatia per ispirarsi ad operare.
Ora, questa felice condizione per lui si realizza soprattutto nell'ambito di certi umani rapporti, e segnatamente in una sua associazione ideale e reale per entro la schiera degli umili.
Nascono così certi suoi tipici personaggi: e sono muratori, pescatori, lavoratori delle fornaci e contadini.
In questa sfera si apre il suo colloquio di uomo con altri uomini  e si fa e si conchiude la sua avventura d'artista.
Che ad Oltolina occorra documentarsi per dipingere potrebbe fare meraviglia in un mondo dell'arte come questo nostro che ci ammannisce, ad ogni passo, minestre astratte e informali.
Ma c'è anche una moralità della pittura, se qualcuno se ne fosse dimenticato: c'è anche un discorso pittorico che tocca più da vicino l'uomo e che ci insegna a vivere o che, più semplicemente, vive di noi.
Ed è un simile discorso che Oltolina ci fa.
Sarà accaduto a molti, così come capita a me, di osservare come questo artista non ci offra mai una sosta di una natura morta o di un vaso di fiori.
Eppure si può fare della bellissima pittura con tali soggetti.
Se Oltolina non ne approfitta, ci dovrebbe essere una ragione.
E io credo sia proprio il senso del chiuso e del conchiuso che tiene lontano il nostro pittore da tali argomenti.
Per lui una tale pittura potrebbe avere sapore d'accademico o di letterario esercizio, anche se così non è in tantissimi casi.
Certo che non potrebbe riuscire pittura dinamica, se non dentro i limiti dell'immagine.
E questo dinamismo puramente immaginifico, fabbricato a tavolino, Oltolina non l'attende.
Capisce, invece, una del tutto differente dinamica che lo porta a vivere ed ad operare in mezzo alla gente.
Quando è vicino ai suoi pescatori e ai suoi operai e studia i loro atti e il loro modo di vivere, allora soltanto avverte l'urgenza e la necessità del dipingere.
E si fa allora la sua cronaca figurativa, che è essenzialmente intelligenza dell'umano operare.
C'è un suo dipinto che mi piace moltissimo, quello del giovane pescatore.
E' un tema del lavoro: ma i colori appaiono così squillanti e però chiusi e fermati nella propria area e il gesto del personaggio così raccolto che vien da pensare alla preziosità d'una natura morta o alla vaghezza di un bellissimo paesaggio.
Una simile impressione, di una ritmica dolcezza dei colori che riscatti la fatica, è dato di avvertire anche nella cronaca esemplare dei Carpentieri: la loro opera sembra disporsi in una grave e severa danza in tondo.
Altrove, invece, Oltolina getta luci lampeggianti a indagare dell'opere umane.
Così è, semplicemente, nei dipinti che rappresentano i lavoratori nelle fornaci.
Qui l'artista scava fino all'osso, drammaticamente, con violenti schiaffi di luce: e il tema delle opere si fa, quasi, canto d'epopea.
E' l'epopea degli umili che l'artista ci consegna, fissati per sempre nella loro realtà, trafitti fin nell'intimo, dall'acuto e penetrante dardeggiare della luce.
Dovessi rifarmi alle note segnate sul mio taccuino, questo discorso si allungherebbe eccessivamente  perché di tanti altri dipinti ci sarebbe da dire.
Ma un cenno agli acquarelli mi pare doveroso.
Vaghezza di colori, qui: verdi che si sfaldano insensibilmente nei grigi, e un disegno spesso, infinito, ma di una lievità così fragile che il tutto ci riappare innanzi nel concorso di pochi tratti essenziali.
Dunque, Oltolina sa anche essere prezioso: può muoversi, se vuole, da un estremo all'altro della pittura, mescolare alla forza e al vigore una grazia sopraffina.

Carlo Fumagalli

da La Brianza del 7 maggio 1965

All'Arengario Gaetano Oltolina presenta una serie di quadri spogli, essenziali, eppure efficacissimi.
Il colore fluido si stende a larghe zone sfumate su un disegno di una semplice ma saldissima impostazione; i soggetti, paesaggio o scene della vita di pescatori e di operai, sempre felicemente scelti.
Mancano cerebralismo e vuoto decorativismo, dominano la poesia e la serenità della natura.
La Brianza costituisce un tema dominante tra i paesaggi di Oltolina; si può ricordare a questo proposito il "Paesaggio in Brianza" o " Paesaggio invernale": nel primo colori chiari, teneri mai violenti, nel secondo l'atmosfera velata dal bianco della neve, conferiscono un senso di calma e di serenità.
Val la pena di ricordare inoltre quadri come "Il muratore" o "Attesa silenziosa"; essi ci colpiscono per la loro semplicità, coerenza ed efficiacia.
Nella "Attesa" due donne massicce attendono sulla spiaggia il ritorno degli uomini dal mare: il colore fuso, chiaro è contenuto e disciplinato da un disegno essenziale ed incisivo.
"Il muratore" diventa quasi un simbolo per la nudità dello sfondo su cui si staglia, è curvo con la cazzuola in mano, un simbolo doloroso e nello stesso tempo forte.
Si tratta insomma di una mostra riposante di un pittore che dà tutto se stesso per un ideale di semplicità, di antiretoricità, che bandisce ogni modernità di linguaggio che possa risultargli estranea, incoerente.
Ed è proprio l'onestà, la coerenza di saper sempre restare fedeli a se stessi che va apprezzata in lui.

S. L.

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